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Obesità infantile e adolescenziale

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L’obesità si sviluppa ordinanariamente intorno ai quattordicianni nei ragazzi, ma può manifestarsi in età molto precoce. Non è rara l’esistenza di un carattere familiare ed ereditario.

Nei ragazzi l’obesità è sempre legata ad uno squilibrio di bilancio, tra apporto calorico alimentare e quantità di calorie consumate quotidianamente dall’organismo. Quando l’apporto alimentare supera il dispendio calorico dell’organismo l’equilibrio tra entrate ed uscite del ricambio energetico ne risulta alterato, ed una parte più o meno notevole degli alimenti, lipidi e glucidi in particolare, introdotti in eccesso e non consumati, possono sotto forma di grassi andare ad alimentare nei ragazzi i depositi tissurali.

Come è ben noto infatti, nell’età infantile, a parte i lipidi introdotti con gli alimenti ed assorbiti attraverso la parete intestinale, vengono, quando non sono prontamente combusti per le necessità energetiche immediate, ricostituiti in grassi (a struttura molto simile spesso a quella dei lipidi introdotti), andando così ad accumularsi nei depositi adiposi.

Anche nell’alimentazione infantile, i glucidi introdotti in eccesso e non utilizzati prontamente – o per essere consumati o per saturare i depositi di glicogeno dell’organismo – possono trasformarsi in grassi per venire depositati nei tessuti. Da questo punto di vista non sarebbe nemmeno necessario nei ragazzi che l’eccesso alimentare sia notevole, perché si determini un aumento dei depositi adiposi dell’organismo. Sarebbe sufficiente che tale eccedenza anche se moderata, sia continua e prolungata, perché il sovrapporto degli alimenti lipidi e glucidi non consumati e trasformati invece in grassi possa a lungo andare provocare uno stato di obesità.

Cento calorie al giorno introdotte in più rispetto al consumo quotidiano, quali possono essere forniti da qualche biscotto o da qualche cucchiaino di zucchero o da una fetta di pane (cento grammi di pane rappresentano 255 calorie) possono in un anno portare in un ragazzo ad un aumento di peso in grassi di circa cinque chilogrammi.

Gli stessi risultati possono aversi nella adolescenza allorché lo squilibrio in senso positivo del bilancio energetico tra entrate ed uscite non sia provocato da un maggiore apporto calorico con gli alimenti, ma da un diminuito dispendio energetico, quale in condizioni fisiologiche si ha con la limitazione della attività fisica.

Nei ragazzi, entrambi questi fattori, sovralimentazione da una parte e diminuita attività fisica dall’altra, in genere contemporaneamente operanti, rappresentano secondo la maggior parte degli studiosi la causa fondamentale della obesità nella stragrande maggioranza dei casi (fatte eccezione per le forme legate a patologie endocrinologiche).

Rappresenta un rilievo comune però, quello che una notevole percentuale di soggetti in età giovanile riescono a mantenere costante il peso corporeo anche con una alimentazione superiore alle loro necessità energetiche, a differenza di altri che nelle stesse condizioni facilmente vanno incontro ad ingrassamento. A tale riguardo allora si può dire che l’organismo normale sia capace entro certi limiti di regolare l’equilibrio energetico tra entrate ed uscite caloriche, così da procedere ad una combustione completa degli alimenti prodotti in eccesso rispetto ai bisogni reali dell’organismo. “Consumo di lusso”, come viene definito, evitando così la trasformazione in grassi tissutali.

In tanti adolescenti obesi, la capacità di procedere ad un tale consumo di lusso, sarebbero molto ridotte rispetto alla norma, donde la facilità con cui essi possono ingrassare.

La regolamentazione del bilancio energetico in generale, e di quello lipidico in particolare, si troverebbe sotto il dominio di influenze neurovegetative in stretta connessione alla funzionalità delle ghiandole endocrine.

E’ ammessa anche l’esistenza, nella regione ipotalamica del cervello, di centri deputati a regolare processi di elaborazione, di combustione o di risparmio dei lipidi. A meccanismi neurovegetativi sarebbe da riportarsi anche la regolazione della sensazione cenestetica del senso della fame o dell’appetito in rapporto al fabbisogno di energia. Complesse funzioni nervose che sono riferite ad un centro della fame con sede nel cervello nella zona di “encefalica”, centro non identificabile in una vera e propria entità anatomica ma da intendersi come centro fisiologico della fame.

Nei ragazzi obesi il sistema endocrino sarebbe orientato verso l’anabolismo, con risparmio dei materiali nutritizi e facile trasformazione di essi in grassi, con successivo accumulo per una prevalenza delle ghiandole stimolatrici dei processi anabolici (pancreas, ghiandola cortico-surrenalica, timo). Questo tipo di obesità è classificato come adiposità ipertonica (cioè soggetti obesi ma non flaccidi), iperanabolica (cioè con un metabolismo propenso ad una forte assimilazione), nel determinismo della quale una parte non secondaria assumerebbe anche un eccessivo apporto alimentare a causa di un disordinato controllo del senso della fame. A questo tipo di obesità fa contrasto un altro tipo di adiposità, detta ipotonica, ipocatabolica, flaccida, legata non più ad una prevalenza delle componenti endocrine stimolatrici dell’anabolismo, ma ad una depressione della funzionalità delle ghiandole stimolatrici dei processi catabolici (cioè ipofisi, tiroide, ovaio e testicolo).

A cura del direttore sanitario del Centro Medico Eudermico Italiano

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